«Comprendo la tua umiliazione ma pensa che l’animo del popolo italiano non finisce lì fra i rifugiati, ma sta diventando veramente degno di ammirazione per la decisa reazione nella catastrofe, per lo spirito che va risorgendo e dimostrando il vero sentimento di un popolo che non si lascia distruggere e che risorgerà, presto, per la grande riscossa» (20 ottobre 1943)
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La notte sul 17 settembre 1943 parecchie centinaia di militari italiani sbandati entrarono in Ticino dal valico del Gaggiolo.
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Quaderno del posto doganale di Caprino sul quale si registravano i nomi degli ebrei italiani accolti e respinti. Sessanta di loro furono arrestati in Italia e deportati in Germania.
Durante tutta la seconda guerra mondiale, e in modo massiccio dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, migliaia di italiani si rifugiarono in Svizzera, dove furono ospitati in centri di accoglienza gestiti da Cantone e Confederazione o presso privati. I tragici eventi di quei mesi contribuirono a rinsaldare un’amicizia che già si era espressa, in passato, in occasioni simili (durante il Risorgimento). La lettura di quei mesi non è però interamente di segno positivo, perché molti rifugiati furono respinti al confine (ad esempio la senatrice italiana Liliana Segre, alla frontiera di Arzo) e molti di quei respinti trovarono la morte in Italia o nei campi di sterminio nazisti. Luci e ombre si alternano nell’immagine del Ticino, e della Svizzera, come “terra d’asilo”, tema a cui ha dedicato anni di ricerche la storica Renata Broggini (1932-2018).
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Il primo studio dedicato da Renata Broggini al tema dei rifugiati italiani in Svizzera, pubblicato a Roma nel 1979.
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La monumentale ricerca dedicata all’accoglienza degli italiani in Svizzera, pubblicata a Bologna nel 1993.
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Anche il destino dei rifugiati ebrei è stato oggetto di studio di Renata Broggini, in un volume del 1998.