«Continuavamo a vivere in soffitta. Si gelava e la pioggia cadeva su di noi attraverso le fessure del tetto. Mia mamma fu assegnata ad un lavoro in una cucina minuscola, dove le toccava custodire il fuoco a legna per riscaldare le razioni di cibo in piccole ciotole. La legna bruciava in fretta, e bisognava provvedere a metterne sempre di nuova. Un compito pesante: tutta la giornata in piedi, vicino alla fiamma. Io continuavo a lavorare nella squadra delle pulizie» (Federica Spitzer, “Anni perduti”, 56)
Prigionieri nel sottotetto di un edifico nel ghetto di Theresienstadt (disegno di Charlotte Buresova © Terezin Memorial).
«Gli scarti di legno della Reitschule [un capannone trasformato in falegnameria] venivano accuratamente raccolti dai capi-operai, che li potevano trasformare in piccoli oggetti da barattare: personaggi di Walt Disney, mazzi di fiori stilizzati, il tutto tramite pezzi di legno piatti, in una specie di meccanico lavoro di traforo. Questi oggetti decorativi venivano poi dipinti graziosamente in altri atelier clandestini, e scambiati contro un pezzo di pane o qualche altro bene di prima necessità con chi voleva dare un tocco di colore alle grigie mura del suo alloggio» (Federica Spitzer, “Anni perduti”, 83-84)
Uno dei tre porcellini del film Disney (1933) intagliato e dipinto dai detenuti di Theresienstadt. Sul retro si legge la scritta: «Möge Dir dieses Schweinchen so viel Glück bringen wie Du Dir selbst wünschst. Th’stadt 1/1/1945» (“Che questo porcellino possa portarti la fortuna che desideri. Theresienstadt, 1 gennaio 1945”) (Archivio storico di Lugano, Fondo Federica Spitzer).
«Le diverse mansioni della vita quotidiana furono suddivise fra le persone: chi alla pulizia delle strade, chi in cucina, chi in ambulatorio, chi in panetteria, ecc. Nelle case la sorveglianza era ripartita fra i responsabili di camera, di edificio e di blocco. Per i piccoli lavori amministrativi venivano designate altre persone che, sedute gomito a gomito l’una accanto all’altra su panche senza schienale, eseguivano il loro lavoro su lunghi tavoli. L’intera amministrazione, suddivisa in una miriade di ramificazioni, costituiva una specie di gigantesco idrocefalo» (Federica Spitzer, “Anni perduti”, 73)
gennaio, le pulizie
febbraio, la distribuzione del rancio
marzo, il bucato
aprile, il trasporto di assi di legno sotto la pioggia
maggio, le brande su tre livelli (e il sole che filtra da una piccola finestra in alto)
giugno, detenuti spingono un carro funebre con la scritta “A favore della gioventù”
luglio, una partita di pallone (sullo sfondo le mura della cittadella fortificata)
agosto, intervento dei pompieri con una scala
settembre, due musicisti su un palco
ottobre, trasporto di materiale
novembre, una pausa di lavoro lungo i binari
dicembre, l’uscita dal campo con il sole sullo sfondo
Il calendarietto, dipinto a mano su un taccuino da un artista anonimo, riporta per ogni mese dell’anno 1944 un’illustrazione relativa alla quotidianità dei detenuti di Theresienstadt. Sono soprattutto rappresentate scene di lavoro quotidiano ambientate all’interno del campo, che è riconoscibile da chiari elementi di contesto. Lo stile lievemente ironico è pensato anche per stemperare la crudezza delle reali condizioni di vita dei detenuti (Archivio storico di Lugano, Fondo Federica Spitzer).