Quella che in origine doveva essere una guerra breve, è iscritta nella storia umana come uno dei più sanguinosi conflitti con portata mondiale: “un’inutile strage” l’avrebbe definita il pontefice Benedetto XV. Il casus belli fu dato dall’uccisione a Sarajevo dell’erede al trono dell’Impero austro-ungarico, l’arciduca Francesco Ferdinando (28 giugno 1914). Sono però le crisi tra le grandi potenze europee e le alleanze concluse durante i decenni precedenti ad alimentare le tensioni del conflitto. In pochi giorni gli Imperi centrali (Austria e Germania) si trovano in guerra contro gli Alleati (Serbia, Russia, Francia, Gran Bretagna, Montenegro e, più avanti, Italia e Stati Uniti). In Svizzera la mobilitazione generale è proclamata il primo agosto 1914 e le maggiori inquietudini sono suscitate dal fronte occidentale attestato nelle trincee. Il conflitto, che si chiude con l’armistizio dell’11 novembre 1918, provoca il radicale riassetto dell’Europa centrale e un forte indebitamento degli Stati europei senza riuscire a risolvere però i contrasti tra i belligeranti.
Lo scoppio della guerra nell’estate del 1914, nonostante il fatto che la Svizzera non risulti direttamente coinvolta nel conflitto, fa emergere nuove urgenze. Le conseguenze del blocco economico imposto dagli Alleati e la mobilitazione generale dell’esercito (tra il 3 e il 7 agosto entrano in servizio attivo circa 220’000 uomini) uniti alla lunga durata del conflitto segnano la popolazione e in particolare le sue fasce più deboli. Il Ticino, per di più, è prostrato dal crac bancario del gennaio 1914. In tutto il paese si risente la mancanza di politiche sociali adeguate, alle quali deve supplire l’opera di associazioni benefiche. Nel 1918 le tensioni sociali culminano nello sciopero generale e l’esercito conta le maggiori perdite con la diffusione epidemica dell’influenza spagnola (oltre 24’000 vittime in tutta la popolazione tra il luglio 1918 e l’estate del 1919).