«Andai a Firenze a studiare, senza una linea politica […]. A Firenze incontro il fascismo col suo vero volto […] leggo delle squadracce fasciste all’opera. Le vedo in azione anche sul posto, vigliaccamente e prepotentemente. Il governo le protegge, per combattere il socialismo; è quello che non mi va giù nel mio concetto di giustizia e di democrazia. Il governo aiuta i malfattori. […] Non posso che essere antifascista» (Guido Rivoir, “Le memorie di un valdese”, 197)
Una squadra d’azione fascista a Firenze negli anni trenta.
“La disperata”, squadra fascista fiorentina ispirata da Gabriele D’Annunzio.
Folla in Piazza della Signoria durante un discorso di Mussolini (1930).
Tra il 1920 e il 1922 Guido Rivoir studiò teologia alla facoltà valdese di Firenze, in anni che videro un rapido deteriorarsi della situazione politica e un repentino rafforzamento del fascismo. Il capoluogo toscano ebbe, con Roma, un ruolo simbolicamente centrale nell’ideologica fascista, coronato dalla visita di Hitler per le strade della città nel maggio del 1938 (ricordata anche da una poesia di Eugenio Montale) e ancora nel novembre del 1940.
«Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch’esse
di cannoni e giocattoli di guerra,
ha sprangato il beccaio che infiorava
di bacche il muso dei capretti uccisi,
la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate,
di larve sulle golene, e l’acqua séguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole».
(Eugenio Montale, “Primavera hitleriana”, 1938)